“Beauty never ends”
NgalSo Gangchen Labrang - Calligrafia Tibetana stile Üchen
di Bebel Franco
Ho conosciuto Lama Gangchen Rinpoche a Sao Paulo a marzo 1993 quando è venuto in Brasile, il mio paese di origine, per trasmettere lì per la prima volta l’Autoguarigione Tantrica NgalSo. Sin da allora ho sentito con lui un grande senso di familiarità e successivamente sono diventata sua discepola fino a quando, nel 2000 mi sono trasferita in Italia per stargli vicino, ovvero per seguirlo nella sua straordinaria missione di aiutare e guarire me e gli altri e di diffondere il messaggio del Buddha sulla pace interiore.
Cominciai ad applicarmi nella calligrafia tibetana semplicemente perché desideravo imparare a leggere il tibetano. All’inizio mi sembrava un’impresa impossibile ma nel 2013 Lama Caroline preparò una dispensa per imparare a leggere il tibetano e Rinpoche ne dette a tutti la trasmissione orale (youtube 5 aprile 2014).
Seguì un corso: ‘Imparare il tibetano classico’ con Lama Michel Rinpoche e Lama Caroline e vi partecipai. Poi seguii, on line, un corso di calligrafia tibetana tenuto a San Paolo del Brasile. E qui assaggiai la magia della calligrafia.
Cominciai a esercitarmi da sola ma sempre cercando un insegnante. Lama Gangchen mi disse che dovevo essere un’autodidatta e che lui stesso mi avrebbe guidata. “You need self learning!” diceva. Dopo mesi di pratica con l’alfabeto, nel 2016, Lama Gangchen mi chiese di comporre la mia prima calligrafia con una frase di buon auspicio dedicata a Sua Santità Choktrul Trijang Rinpoche che stava per venire ad Albagnano.
Poi, sotto la guida del mio maestro di vita e di calligrafia, Lama Gangchen Rinpoche, preparai il mio primo mantra: OM TARE TUTTARE TURE SOHA. Nel 2017 ho avuto il privilegio di decorare, con le calligrafie dei mantra, le statue del Guaritori Supremi e delle Grandi Madri degli Elementi presenti nel Tempio del Cielo sulla Terra ad Albagnano.
Vivo la calligrafia come una pratica devozionale. In particolare mi piace realizzare ghirlande di mantra le cui sillabe ruotano intorno a un centro, così come si visualizzano durante le recitazioni tantriche. In questi ultimi anni mi sono applicata molto in questo tipo di opere e tuttora le realizzo, anche su richiesta di uno specifico mantra.
La grafia tibetana vede le sue origini a metà del VII secolo, quando il Re Sogzen Gonpo inviò il suo ministro Thönmi Sambota in India per imparare il sanscrito e poter poi tradurre i testi di Dharma in tibetano. E così ebbe inizio il tibetano scritto. Lama Gangchen diceva che questa lingua divenne sacra proprio perché nata per i testi sacri e poi praticata per secoli nel cammino spirituale.
Rinpoche diceva anche che, allo stesso modo, le lingue occidentali, se utilizzate ripetutamente per la recitazione di testi sacri, acquisiscono potere e sacralità.
La prima grafia tibetana è stata la Üchen, lo stampatello. La sua caratteristica grafica sta nel fatto che ‘scende’ da una linea superiore orizzontale, mentre le grafie delle lingue occidentali solitamente sono ‘appoggiate’ su una linea inferiore.
La Üme, invece, è la grafia tibetana in corsivo. Mentre la Lamza è la scrittura decorativa. Ci sono poi tanti altri stili nati nel corso dei secoli.
Vedo il mio lavoro come uno dei molti progetti artistici di Rinpoche, è lui a guidarmi.
La calligrafia tibetana è per me anche una pratica di auto-guarigione. Mi auguro che le mie calligrafie possano toccare il cuore di chi le guarda e che possano comparire al cuore di chi le medita.
A Rinpoche devo, in questo percorso, la trasmissione dell’alfabeto, il continuo incoraggiamento a imparare, la guida durante il mio studio e le sue infinite benedizioni.
“Beauty never ends” mi disse Lama Gangchen mentre dipingevo i mantra nel Tempio del Cielo sulla Terra. Mi auguro che la bellezza dei suoi insegnamenti non finisca mai e continui a guidarci di vita in vita.
Bebel Franco
sono Leonardo 'Duccio' per gli amici e sono nato nel 1954 a Bari. Ho conosciuto Lama Gangchen nel 1984 a Pomaia (Pisa) in occasione della sua prima visita all'Istituto Lama Tzong Khapa.
Da circa un anno facevo parte della comunità dell'Istituto e avevo preso rifugio nei Tre Gioielli grazie alla gentilezza del Lama residente, il Ven. Ghesce Ciampa Ghiatso. Aiutavo in cucina in cambio dell'ospitalità mentre imparavo a meditare e a praticare gli insegnamenti del Buddha.
Una mattina uno dei miei nuovi amici tibetani, il monaco Penpa che conosceva la mia passione per la pittura, mi disse che arrivava all'Istituto un Guaritore molto famoso in Oriente: Lama Gangchen. Mi consigliò di provare a dipingere un piccolo Cenresig, il Buddha della compassione, e di farne dono al Lama, mi disse che non dovevo perdere l'occasione di conoscerlo e di ricevere i suoi insegnamenti.
Ero curioso di conoscere Lama Gangchen ed ero affascinato dall'arte tibetana, così mi misi subito al lavoro.
Il giorno del suo arrivo ero troppo emozionato per avvicinarlo ma il mattino seguente mi feci coraggio e mi presentai da lui con il mio 'regalo'. Si trovava nella segreteria dell'Istituto, indaffaratissimo con un gruppetto di monaci tibetani alle prese con problemi di permessi di soggiorno. Srotolai la mia piccola tela e quando mi rivolse lo sguardo gli chiesi se voleva accettarla in dono. Rinpoce mi sorrise e non solo accettò il mio dipinto ma me ne commissionò subito un altro. Mi chiese di dipingere per lui un Buddha blu, il Buddha della Medicina. Mentre mi parlava in una specie di strano inglese mi indicò un arazzo sulla parete dell'ufficio, era un Leone delle nevi, mi disse che quel "size" andava bene e che mi aspettava a Gubbio (dove era ospite a casa di uno dei suoi discepoli occidentali) per la consegna, a lavoro finito. Era quasi l'ora di pranzo e tornai subito in cucina in preda a un'attacco di gioia! Nel pomeriggio ero in biblioteca a documentarmi sul Buddha blu, Sanghié Men Là in tibetano.
Durante il suo soggiorno a Pomaia Rinpoce diede le iniziazioni di Cenresig che apre gli occhi, di Lama Tzongkhapa e di Vajrasattva. Tornai più volte da lui e capii che sarebbe stato il mio Maestro.
Qualche mese dopo il Buddha blu era pronto e io ero in viaggio per Gubbio...
Rimpoce si mostrò soddisfatto del mio lavoro e mi chiese subito un altro Buddha della Medicina ma molto più grande. Voleva un Buddha blu gigante! Mi spiegò come doveva essere il paesaggio, le offerte e i simboli di buon auspicio...
Tornai a Pomaia e mi misi subito al lavoro.
Quando tornai da lui con il Buddha gigante Rinpoce mi chiese di dipingere Buddha Sakyamuni (il Buddha storico) sotto l'albero della Bodhi, mi disse che le offerte dovevano sembrare trasparenti e mi spiegò che il nettare nella ciotola del Buddha doveva essere bianco e soffice, leggermente rosato...
Così continuavo a dipingere... e Rinpoche continuava a commissionarmi Tangke di divinità sempre nuove.
Dopo qualche anno acconsentì alla mia richiesta di andare a vivere con lui (si era trasferito nel frattempo a Milano) e in quel periodo mi chiese di dipingere il Buddha in piedi, sotto l'albero dell'Illuminazione, nel gesto di benedire il mondo... mi istruì come al solito sui particolari della tangka e la chiamò 'World Peace Buddha', il Buddha della pace nel mondo.
Cominciai a seguire il Lama nei suoi frequenti viaggi e pellegrinaggi, portandomi dietro tele e colori e approfittando di tutte le occasioni per approfondire la mia conoscenza della pittura sacra tibetana. Mi fermavo spesso a dipingere nei monasteri in Tibet, Nepal, India e Mongolia dove potevo imparare da altri lama e maestri d'arte e dagli stessi monaci che sono artisti abilissimi, capaci di realizzare opere di incredibile bellezza a cui lavorano di solito durante la preparazione dei tradizionali rituali tantrici.
Ancora viaggi e dipinti... in Europa, Russia, Cina, Malesia, Indonesia, Tailandia, Brasile... insieme agli amici e ai discepoli di Rinpoche.
Nel 1993 Lama Gangchen cominciò ad insegnare NGALSO l'Autoguarigione Tantrica.
Collaborando alla realizzazione dei disegni necessari alla impaginazione del volume Autoguarigione II (edito da L.G. Peace Publication), cominciai a pensare alla possibilità di insegnare a dipingere il Buddha usando l'Autoguarigione Tantrica NgalSo, che rende più facile a noi occidentali l'approccio alla pittura tibetana e al Tantra.
Ho sempre lavorato a stretto contatto con Lama Gangchen che mi ha dato tutte le istruzioni per realizzare le sue particolarissime visioni delle divinità e dei loro mandala in accordo conciò che Rinpoche stesso chiamava "buddhismo occidentale".Da giugno del 2000 dipingo arte sacra tibetana sul Lago Maggiore, dove collaboro alla realizzazione e all'organizzazione dell'Albagnano Healing Meditation Center.
Leonardo Duccio Ceglie
Buddha della Medicina con le quattro dakini e le piante medicinali
Kurukulle, la Dakini del Loto, collezione privata di Lama Gangchen
Le Cinque Grandi Madri degli Elementi secondo la pratica Realizzare la pace con l'ambiente di Lama Gangchen Rinpoche
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Ho iniziato a praticare e prendere rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha nel 1977 quando, ancora prima di conoscere i ‘nostri’ lama, mi ero trasferito all’Istituto Lama Tsongkhapa di Pomaia, fondato da Lama Yeshe e Lama Zopa Rinpoche. In questo
centro, come in tutti quelli appartenenti alla scuola Gelupga, viene praticata la Guru Puja: un testo compilato da uno dei Panchen Lama, Panchen Lobsang Chökyi Gyältsen, il quale aveva creato una pratica così completa ed eccellente che è diventata poi lo standard per gran parte dei monasteri, anche quelli non legati alla sua figura come Sera, Ganden e Drepung. Quì la Guru Puja è sempre stata al centro di tutti i contesti. Essendo residente in un centro di Dharma della scuola Gelupga ho imparato molto presto a guidare la Guru Puja, inclusa l’offerta dello tsog. Mentre in istituti della stessa tradizione viene normalmente svolta soltanto il 10 e il 25 di ogni mese lunare (tranne occasioni o anniversari particolari), nella mia esperienza il centro di Albagnano è l’unico a ripetere la Guru Puja ogni giorno dal 2001.
Trattandosi comunque di una pratica standard, quando ad esempio alle 5 del mattino in Tibet i monaci si recano in Gompa per dedicare una puja ad uno sponsor, iniziano con una Guru Puja rapida di 10 minuti senza offerta dello tsog. Lo stesso avviene al Drupkhang di Kathmandu, dove i monaci la inseriscono all’interno di altre puje.
Al mio arrivo ad Albagnano nell’anno del coniglio (1999), ho introdotto nel nostro centro le melodie che avevo imparato a Pomaia, provenienti a loro volta dal monastero di Sera Jey in India. Ho intrattenuto piccoli corsi per insegnare agli altri membri del Sangha, i quali hanno poi contribuito con l’aggiunta dell’uso di dorje e campana. Lama Gangchen sosteneva che queste melodie provenissero in origine dalle Dakini e da altri esseri sacri. Purché standard, i tunes e la velocità della Guru Puja sono state adattate in seguito agli occidentali per essere più comprensibili.
Dal 1999, ho cercato di guidare la Guru Puja una volta alla settimana. Durante un viaggio in Tibet, ricordo di averla guidata in presenza di Lama Gangchen e Geshe Yeshe Wangchuk al tempio centrale di Lhasa. Un’evento raro e di buon auspicio!
Ho una forte connessione con la Guru Puja, alla quale mi appoggio spesso per reperire citazioni per la mia pagina Instagram. In particolare, il Lam Rim – l’esposizione del sentiero graduale verso l’illuminazione - racchiude concetti straordinariamente concisi e significativi.
Mentre le citazioni antiche di Sutra incontrano problematiche di traduzione che hanno dato adito a diverse interpretazioni, nella Guru Puja Panchen Lobsang Chökyi Gyältsen ha saputo esprimere con interezza e ricchezza esplicativa i vari insegnamenti. Questi includono il Lam Rim composto da Lama Tzongkhapa e originatosi dagli insegnamenti del grande Pandit indiano Atiśa in Tibet. In particolare, la completezza della Guru Puja è dovuta al fatto che il lignaggio ricevuto dai tibetani si avvalesse dell’integrità e precisione con le quali l’insegnamento del Buddha veniva studiato e praticato nelle istituzioni monastiche indiane di Vikramashila e Nalanda. È giunta poi in Tibet attraverso Atiśa con l’intento di unificare la dicotomia – la divisione - tra chi praticava il Tantra e chi seguiva il Sutra, mergendoli in un unico percorso a cui sono riconducibili i cammini spirituali di Theravada, Mahayana e Tantra. I principi fondamentali di questi tre sentieri sono inclusi nella Guru Puja dove, ad esempio, il Theravada si congiunge con il percorso dei Bodhisattva e arriva in un contesto di Tantra.
La Guru Puja si basa su testi originali con radici autentiche, come il Bodhipathapradīpam (La lampada sulla via dell’illuminazione), scritto da Atiśa per i tibetani come modo succinto di presentare il Dharma e tradotto dal bodhisattva Drontompa, una manifestazione di Avalokiteshvara.
Sulla base di questi insegnamenti si è creata la tradizione Kadampa, dalla quale è nata la scuola Gelupga che fu formalizzata da uno dei principali discepoli di Lama Tsongkhapa, Khedrubje, considerato una manifestazione di Vajrapani. Lama Tsongkhapa prese insegnamenti da vari maestri, inclusi Kagyu e Sakya, creando una tradizione che selezionava gli aspetti più integrabili del Sutra e del Tantra.
Non è solo un rituale ma fornisce punti importantissimi per la realizzazione del cammino spirituale. Ricordo, infatti, che Lama Michel aveva descritto la Guru Puja come una preparazione al Lam Rim, i vari aspetti della realizzazione del sentiero, essenzialmente tre: la rinuncia, la Bodhicitta relativa e la Bodhicitta assoluta.
La Guru Puja è un testo fondamentale che include tutti i passi essenziali per la realizzazione del cammino spirituale. Come altre pratiche della nostra scuola, inizia dal rifugio in Buddha, Dharma e Sangha – si tratta quindi di una pratica buddhista per noi esclusiva.
Con particolare riferimento alla parte finale, il Lam Rim, la Guru Puja dà un senso alla mia pratica spirituale. L’essenza del cammino spirituale è la devozione al
Guru e il riconoscerlo come inseparabile da tutti i Buddha. Sulla base di questo punto comune a tutti i testi del Lam Rim si possono ottenere le realizzazioni. Diversamente da rituali specifici dedicati a certi tipi di contesti, l’ambito della Guru Puja è così ampio e vasto che ti dà la possibilità attraverso la realizzazione dell’inseparabilità dal Guru di conseguire realizzazioni. Il fulcro del cammino spirituale è la corretta connessione con il Maestro Spirituale. Essendo il Dharma basato su una trasmissione orale, non so quanto possa servire se slegato dalla connessione con il Maestro ed uno specifico lignaggio..
La pratica della Guru Puja, così come l’Autoguarigione Tantrica NgalSo, sono dei manuali riassuntivi. L’Autoguarigione Tantrica NgalSo è stata definita da Kyabje Trijang Chocktrul Rinpoche ‘il Lam Rim del Tantra’ e si fonda sulla relazione con i cinque capostipiti delle famiglie di Buddha. Lama Gangchen diceva che tutti i Buddha, anche i mille Buddha, le divinità e le loro manifestazioni fanno capo a Vairochana, Amitabha, Akshobhya, Ratnasambhava o Amoghasiddhi. Comprendere tutte le implicazioni dell’Autoguarigione Tantrica NgalSo, che si presenta in forma molto condensata, è ancora più difficile rispetto alla Guru Puja, che è in versione più estesa.
Entrambe sono chiavi di lettura per la comprensione del sentiero in modo ampio.
Questo punto è particolarmente importante in relazione alla difficoltà data dal fatto che il Buddhismo è talmente esteso e frastagliato attraverso numerose tradizioni, che molti praticanti ne hanno una conoscenza limitata che viene spesso assolutizzata.
In questo senso, seguiamo una tradizione che comprende tutti gli insegnamenti. A loro – e nostro – vantaggio, i tibetani hanno ricevuto il Dharma in un momento in cui era stato sistematizzato nelle università monastiche indiane. Quando il Buddha lasciò il corpo non aveva scritto alcun testo. Inoltre, i suoi insegnamenti orali non erano validi per tutti: poteva trasmettere un messaggio differente, a volte opposto, a seconda del ricevente e di ciò che necessitava. Dopo il passaggio del Buddha a Paranirvana, i monaci che lo avevano accompagnato nella predicazione furono invitati a trascrivere i suoi insegnamenti. Tra questi c’erano gli Arhat, i quali godevano di un’ottima capacità mnemonica, ed il suo assistente Ananda, l’unico presente durante tutti gli anni di predicazione. Ma Ananda non era un Arhat e fu quindi spinto a conseguire tale realizzazione in modo da poter riportare tutte le parole pronunciate dal Buddha. Questo aneddoto è stato spiegato anche da Lama Michel in uno dei suoi insegnamenti.
Si manifestarono in seguito esseri altamente realizzati come gli otto Pandit dell’India, inclusi Asanga e Nagarjuna, per uniformare gli insegnamenti. Una volta terminato il lavoro di questi grandi saggi, nacquero le università monastiche quali Nalanda e Vikramashila dove tutto l’insegnamento veniva trasmesso in forma sistematizzata.
Essendo il Tibet considerato dagli indiani una zona geografica infestata da spiriti ed energie demoniache, inizialmente si propagarono aspetti esoterici e rituali tantrici volti a contrastare queste energie che ostacolavano la diffusione del Dharma in una forma pura. Si narra, ad esempio, che il grande maestro tantrico Padmasambhava fu invitato dal re Trisong Detseng per soggiogare tutti gli spiriti. Questo permise la formazione del primo nucleo di Sangha monastico che risiedeva nel monastero di Samye. Col tempo, la conoscenza del Dharma da parte dei tibetani divenne sempre più completa e la traduzione dei testi sanscriti nella lingua tibetana è tuttora considerata una delle più precise ed attendibili.
]]>Cosa rappresenta un mandala nel buddismo tantrico, come possiamo decodificare i suoi messaggi e trarne beneficio?
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"Fai una passeggiata nello spazio interno del tuo cuore e della tua mente"
Quando visualizziamo un mandala, possiamo immaginare di avvicinarci a un palazzo olografico tridimensionale, dove tutti i colori e le immagini hanno significati profondi.
La ruota del fuoco della saggezza esterna purifica l'ignoranza, l'opposto di una visione corretta della realtà. Proseguendo verso l'interno, la recinzione vajra è l'indistruttibile barriera compassionevole contro la rabbia e l'HATRED.
Tra questo e l'ultimo c'è un cerchio con gli otto grandi terreni carbonizzati, un chiaro richiamo alla natura impermanente del samsara.
L'ultimo è l'anello di loto con 64 petali che significano rinuncia e contentezza, la capacità di riconoscere il valore reale delle cose che ci libera dall'ATTACCO.
Queste barriere hanno lo scopo di proteggerci dalle nostre stesse illusioni mentali, oltre ai disturbi esterni. In effetti, simbologia e numeri si riferiscono ai chakra contaminati dai tre principali veleni, che abbiamo l'opportunità di superare coltivando le tre qualità principali.
Tra il perimetro recintato e le mura del palazzo vi sono scene riguardanti l'ambiente esterno e il percorso spirituale. I simboli promuovono i benefici del Dharma nella nostra vita. Incontriamo nuvole, stendardi della vittoria che celebrano il nostro trionfo sulle emozioni negative, un albero che soddisfa i desideri - un elemento importante nella mitologia tibetana che rappresenta il Dharma come via per la pace e la felicità.
La dimora giace su un doppio dorje: i bordi possono essere visti estendersi nelle quattro direzioni, tenendo le quattro porte d'ingresso - un promemoria per le quattro Nobili Verità.
Potremmo anche trovare due cervi di fronte a una ruota del Dharma, un'altra icona fondamentale nel buddismo tibetano che rappresenta l'energia femminile e maschile, l'unione di metodo e saggezza e gli insegnamenti del Buddha.
Ogni elemento architettonico del palazzo ha un riferimento specifico agli insegnamenti e alla pratica tantrici. La parete interna, ad esempio, è delineata da 5 strisce colorate, i cinque poteri - o punti di forza - alla base del nostro percorso spirituale: fede, perseveranza, consapevolezza, concentrazione e saggezza.
Il centro del mandala è generalmente ornato da petali, che ricordano il fiore di loto a 8 petali nel nostro chakra del cuore, dove la divinità siede in unione con noi.
"Con il cuore pieno d'amore puoi guarire il mondo"
Nel buddismo tibetano i mandala sono ricreati in diversi modi: dai mandala di sabbia, agli stupa mandala e ai modelli 3D.
Probabilmente il mandala più noto è il monumentale stupa di Borobudur, in Indonesia, il più grande tempio buddista del mondo.
Ristrutturato dall'UNESCO negli anni '70, è una meta di pellegrinaggio che rappresenta l'universo e la mente secondo la visione buddista e un mandala tantrico su larga scala. L'autoguarigione tantrica Ngal di Lama Gangchen Rinpoche è una pratica ispirata allo stupa di Borobudur.
Offerta di mandala
Abbiamo visto che la parola mandala significa in sanscrito prendere qualcosa dall'essenza.
Nel buddismo Vajrayana, la pratica dell'offerta di mandala consiste in un rituale in cui l'universo e tutta la sua ricchezza sono offerti al Guru e ai Tre gioielli come omaggio e atto di venerazione.
L'offerta di mandala fa parte delle pratiche preliminari ed è essa stessa una forma di purificazione che genera anche un'incredibile quantità di meriti, quindi energia positiva.
Viene eseguita recitando mantra sanscrito, accompagnati da mudra a mano che reggono un mala o usando il set di mandala. Questo kit comprende una ciotola piatta, 3 anelli concentrici e un diadema che vengono progressivamente riempiti verso l'alto con chicchi di riso a forma piramidale.
Anche qui il mandala è una rappresentazione simbolica del mondo purificato e delle sue cose più preziose. La visualizzazione segue la cultura tibetana, con il Monte Meru come centro del cosmo, circondato da acqua, continenti, sole e luna.
"Questa terra animata dal profumo, cosparsa di fiori, adornata con il Monte Mero, i quattro continenti, il sole e la luna, io visualizzo e offro come una terra pura dei buddha. Possano tutti gli esseri senzienti godere così di questa terra pura" (Guru Puja , - Mandala Offer)
Tutte le citazioni sono di H.H. T.Y.S. "Crazy Wisdom Oracle" di Lama Gangchen
Il più importante è il valore spirituale attribuito all'altare e la sua capacità di rinnovare la nostra aspirazione a raggiungere la pace interiore ed essere liberati dalle delusioni mentali, al fine di guarire noi stessi, l'ambiente e altri esseri senzienti.
La creazione di un altare è una pratica stessa e un momento intimo per impegnarsi nello sviluppo spirituale.
]]>"Sii impegnato con pace": crea il tuo altare buddista |
La preparazione di un altare è di per sé una pratica meditativa e un momento per impegnarsi nella ricerca spirituale. L'altare è una rappresentazione delle qualità che è possibile sviluppare attraverso la meditazione, e quindi ha molteplici significati: ispira la nostra pratica, è uno strumento per purificare i difetti mentali, generare meriti e invocare le benedizioni degli esseri sacri. Le dimensioni di un altare e ciò che lo compone dipendono dalle proprie preferenze e possibilità, comunque le seguenti linee guida permettono di modellare un tempio buddista secondo la tradizione tibetana. |
Inizia dalle basi: linee guida per la disposizione dell'altare “Trasforma il tuo piccolo cuore egoista e la tua piccola mente che si "afferra al sé” nel grande cuore e nella grande mente del guerriero risvegliato" Un altare buddista è un luogo sacro e, come tale, merita uno spazio dedicato e pulito o, idealmente, una camera della casa. È il tuo angolo di meditazione, rappresenta le qualità del Buddha che si desidera raggiungere e, quindi, sarà meglio collocarlo all'altezza degli occhi quando si è in piedi o seduti sul cuscino di meditazione. L'altare rappresenta il corpo, la parola e la mente del Buddha nonché i Tre Gioielli del rifugio. Al centro si pone l'immagine del Risvegliato, ovvero il nostro Guru o il Buddha. L'immagine si adorna con alcune offerte e questa può essere una configurazione di base. Le statue buddiste tibetane sono realizzate in bronzo e, secondo l'antica tradizione, sono riempite con rotoli di mantra e sostanze sacre. Ciò conferisce alla statua un potere di benedizione. La statua può essere benedetta dal tuo maestro o durante cerimonie speciali come il Rabne Chenmo. Intorno alla figura centrale possono essere posizionate immagini di divinità del Tantra, protettori del Dharma e maestri spirituali che abbiano un rilievo per la propria pratica e che possono supportare le proprie visualizzazioni. Sulla parte sinistra del tempio è generalmente posizionato un testo di Dharma, come il sutra della Prajnaparamita, che ci ricorda la parola del Buddha. A destra, un dorje e campana o uno stupa che simboleggiano la mente del Buddha. Sebbene tutti i simboli siano importanti, la parola del Buddha occupa solitamente la posizione più alta e poi, in ordine, il corpo e la mente del Buddha. In una posizione più bassa possono essere collocate le offerte. Comunque, se non si si dispone degli oggetti sopra detti, anche un'immagine del Buddha e alcune offerte vanno bene per preparare un altare. Ciò che è veramente importante è il valore spirituale attribuito all'altare e quindi il suo potere di rinforzare la nostra aspirazione a raggiungere la pace interiore e ad essere liberi dai difetti mentali, al fine di aiutare e guarire noi stessi, l'ambiente e gli altri esseri senzienti. Recitiamo OM AH HUM per rendere le offerte vaste come un oceano "Visualizza la sillaba AH: è il simbolo primordiale dello spazio" Tradizionalmente, gli altari buddisti tibetani comprendono delle ciotole per le offerte, incenso, fiori, candele e lampade al burro per soddisfare i cinque sensi. In particolare, la luce dissipa l'ignoranza con i raggi illuminanti della saggezza. Ciò che è importante quando si fanno le offerte è che la nostra motivazione sia pura: coltivare la generosità verso tutti, offrendo con gioia e senza attaccamento, riduce gradualmente il nostro egoismo e il karma negativo che ne consegue. L'acqua è una sostanza semplice da trovare e disponibile in abbondanza quindi, per la maggior parte di noi, è facile da donare. Solitamente sull'altare buddista tibetano sono presenti sette ciotole per l'acqua che simboleggiano: acqua da bere, acqua per rinfrescare i piedi, fiori, incenso, luce, profumo, cibo. Spesso è aggiunto un simbolo come una conchiglia o una ciotola in più a simboleggiare l'offerta di musica.
Si possono anche offrire parte del prorpio pasto, un po' di tè, fiori e altre prelibatezze, purché siano sostanze pulite, fresche e acquisite con rettitudine. Sarà meglio scegliere un incenso a base di ingredienti naturali e puri, privi di componenti chimici e inquinanti. Gli oggetti sull'altare dovrebbero riflettere il più possibile le nostre azioni consapevoli e pacifiche [+ link a chi siamo]. Uno strumento per trasformare la mente "Sviluppa bodhicitta, la motivazione compassionevole altruistica del voler beneficiare tutti gli esseri senzienti attraverso le proprie azioni. Così otterrai grande felicità" L'altare rappresenta il nostro intento più profondo e puro di sviluppare le nostre qualità interiori e di raggiungere l'illuminazione a beneficio di tutti gli esseri senzienti. Le offerte dovrebbero essere fatte con una motivazione sincera. Ciò purifica il karma negativo, coltivare la generosità e mette le cause per accrescerla. Mentre recitiamo il mantra OM AH HUM possiamo visualizzare offerte illimitate che pervadono tutto lo spazio e soddisfano tutti gli esseri senzienti e le divinità. Infine, è importante non dimenticare di dedicare i meriti accumulati attraverso questa pratica: possano tutti gli esseri avere la felicità e le sue cause, essere liberi dalla sofferenza e dalle sue cause, non essere mai separati dalla grande felicità che è al di là di ogni sofferenza, dimorare nell'equanimità, liberi dall'attrazione verso alcuni e l'avversione verso gli altri e godere della pace interiore e mondiale ora e sempre. “Recita il mantra OM AH HUM e svilupperai le energie cristalline del corpo, della parola e della mente” Allestire l'altare e rinnovare le offerte è una pratica che può essere eseguita secondo rituali ricchi di un profondo significato. Preziose istruzioni sulla preparazione dell'altare sono disponibili sulla lezione "I sei dharma di preparazione" di Lama Michel Rinpoche. Tutte le citazioni sono tratte dall'Oracolo di folle saggezza di T.Y.S. Lama Gangchen Rinpoche |